lunedì 2 aprile 2007

edilizia

mio padre ha fatto il geometra
e si vede: a tavola prova anche a tracciare righe per inquadrare la mia vita
costruzione regolare, proiezioni ortonometriche nel futuro
ma io non sono una casa e, se proprio lo devo essere, assomiglio a qualche edificio decostruttivista. perchè mi mette paura anche nel sentire definiti quei desideri che, tuttosommato, si avvicinano con buona approssimazione a quello che davvero ho osato pensare
così nudi, nero su bianco come calcoli del cemento mi inquietano e mi ingabbiano
perchè, in realtà non me ne fotte un cazzo del lavoro ed allo stesso tempo non riesco a trovare il coraggio per fuggirmene su una di quelle isole metropolitane in cui non esiste.
so che ci sono a galleggiare, universi concreti e reali, macchie di colore sulla superficia grigia dell'asfalto di questa società.
e sono troppo orgogliosa per accettare un'impalcatura che mi appoggi ed aiuti, perchè so che l'unica forma che mi consentirebbe è quella in regola con la bolla d'aria.
e del resto, non riesco ad evadere dal presente di pensieri terribilmente ragazzineschi. stronzi che galleggiano sul mio water iniziano ad essercene troppi.
ma cosa importa? l'allacciamento alle fogne è l'ultimo scalino del progetto, senza l'acqua non si vive, ma le tubature vengono aperte solo a costruzione ultimata. o forse no, perchè se gli imbianchini devono diluire le vernici magari ne hanno bisogno, almeno, prima che il colore si secchi e si incrosti divenedo inservibile.
se i tubi innocenti dei ponteggi mi ingabbiano, sento però il bisogno di qualche trabattello che si muova con me, che si sposti a seconda dei movimenti tellurici che mi fanno cambiare posizione.
perchè gli edifici isolati fanno paura, incutono timore ed odio, galere, caserme, lager, opg, cpt e fabbriche sono ben delimitate dai loro fili spinati e torrette di guardia.

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