martedì 20 marzo 2007

sono un elefante su un filo di una ragnatela*

getto la panna vuota nel cestino della cucina
immancabilmente riconoscibile noto il quadrato argentato dai bordi seghettati
e li vicino carta igienica ad appallottolare i resti ancora caldi della passione
naturalmente cattolica, perchè l'ipocrisia si spreca
o forse è solo l'invidia ad inacidire le mie parole
perchè io mi devo accontentare di auto, bagni, divani e tende, troppi ormoni e troppo poco romanticismo
e non avere poi neanche tutta la sicurezza che la stessa lingua capace di accarezzarmi al posto del detergente intimo mi rivolga il giorno dopo la parola
e forse non avrei mai condotto nessuno tra queste mura che odio, ma so che se non l'ho fatto è solo perchè non ce n'è stata l'occasione
perchè la stabilità di una relazione inizio davvero a chiedermi se non dipenda da me
e non riesco mai a capire se e dove sbaglio, ma so che deve essere così per forza, perchè non sono ancora riuscita ad abituarmi ad uno stesso cazzo.
in realtà, non so perchè ci soffra, eppure vedere anche quelle che erano le bimbe più sfigate avvicinarsi alla mia formica per farsi segnare l'amica yasmin un po' mi scuote
non rifuggo come qualcuno dalla stabilità di un rapporto, ci fosse l'accetterei ben volentieri, ma troppo spesso, qualunque cosa sia accaduta prima, magari anche più volte, illudendomi di una ricorsività così calda e piacevole, mi ritrovo a picchiettare i tasti da sola, notando che l'unico a tenermi al caldo sul mio letto è un piumone spelacchiato.
è inutile negare la mia tristezza per la mia disillusione, il mio ostinarmi a giocare a carte con le possibilità, anche se so fin troppo bene che io non mi sarei infilata una mano nelle mutande, settimana dopo settimana sempre più giù.
cammino sul selciato dissestato di una periferia posta paradossalmente al centro, le arance schiacciate e la frutta marcia a terra, porto a spasso borse di naylon come cagnolini, noncurante dei buchi nelle scarpe e degli strappi dei pantaloni. e sono sola come a constatare quella stretta fisica strangolarmi lo stomaco, dopo due vodke tirate giù alla goccia, due bicchieri di vodkalemon ghiacciato scorrermi nel giro di qualche secondo lungo l'esofago. e anche se rispondo, falsamente non curante, di non essere per nulla nervosa, in realtà stritolerei anche una lametta ce l'avessi tra le dita. mi ritrovo tra gli stessi colori di quella stanza che solo un mese prima era così calda ed ora mi sembra avvolta nel filo spinato. e mi chiedo cosa avrei potuto fare di diverso se non, come ho fatto, di godere di ogni istante, senza chiedermi cosa mi avrebbe aspettato dopo. rimpianti tanti ma nessun rimorso,e forse questa volta non ho nemmeno da rimpiangere nulla, ho fatto tutto quello che ho potuto e sono felice di tutto ciò che ho fatto. ma non mi basta, vorrei sentirmi dire parole non dette, ma non dovrebbe essere la mia bocca a pronunciarle.

*ps: la cosa non è per nulla interessante

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